UNA FAMIGLIA AMERICANA

Una famiglia americana è uno dei non pochi libri che mi sono stati regalati durante le feste di Natale, chi mi conosce lo sa,  regalarmi un libro non può che farmi un assoluto immenso piacere.

E purtroppo o per fortuna, quando se ne hanno quattro o cinque alla mano, la curiosità o meglio l’interesse si pone ora sull’uno ora sull’altro portando un attimo di indecisione.

In genere non mi succede, infatti mi focalizzo su uno e non mi distolgo da quello fino a che non sono arrivata all’ultima riga, questa volta ha prevalso la curiosità e una sbirciatina alla fine l’ho data a tutti anche perché di genere diversi.

Alla fine ha prevalso Una famiglia americana di Joyce Carol Oates

 

Una famiglia americana
Una famiglia americana

 

Una famiglia americana

La famiglia Mulvaney, padre madre  tre figli maschi e l’adorabile Marianne intorno a cui tutto ruoterà e cambierà da un certo momento in poi, viene diciamo ” raccontata ” dal figlio più giovane, da Judd. Questa famiglia era invidiata, portata a modello, almeno così si pensava, fino al 1976 quando tutto cominciò a girare nel verso sbagliato.

Judd è un giornalista amante della verità, per niente ambizioso, il classico bravo ragazzo calmo e composto e Corinne la madre non saprà mai che lui, il bravo ragazzo, era stato complice di un quasi omicidio e che se fosse stato commesso come poi in realtà non fu, non gli sarebbe assolutamente dispiaciuto. Ma per fortuna le cose non andarono così.

I Mulvaney erano una famiglia attiva, sempre in movimento e mai in solitudine, viveva in una fattoria ( nel nord dello stato di New York ) con tutto il lavoro che questo comportava e la descrizione che ne viene fatta coinvolge al punto da farti sentire lì, a High Point Farm, tra quegli spazi quei profumi, quei rumori e silenzi, tra quegli animali che animali non erano alla fine ma parte di un tutt’uno, ti fanno sentire quasi parte di quell’ambiente.

Narrando questa storia, Judd  si pone come osservatore neutrale, e si propone di scrivere solo ciò che è vero, grande parte del racconto si basa su ricordi, conversazioni, su cose non vissute in prima persona e conosciute solo attraverso le vie del cuore.

Il padre in fondo, cosa diceva sempre?

    Noi Mulvaney siamo legati dal cuore

 

Allora, la giornata non iniziava mai dopo le sei, lavori nella stalla prima di colazione e dopo la scuola, poi la cena e dopo qualche lavoretto domestico, la televisione si guardava se c’era qualcosa di utile ed istruttivo. Non esisteva privacy, era solo un’opzione , quella casa era un via vai tra animali amici ospiti che si fermavano, andavano e venivano in totale spontaneità e naturalezza.

Patrick era il lupo solitario della famiglia, Mike il figlio maggiore era un tipo speciale, privilegiato in un certo senso, non dormiva ai piani di sopra come gli altri, ma a piano terra vicino alla porta sul retro con un ingresso tutto suo, lavorava con il padre, ma soprattutto a vent’anni voleva essere considerato un adulto, e spesso anche nei giorni feriali ritornava tardi la notte.

Tra i due ( il fratello maggiore ed il piccolo ) c’era stata sempre una speciale alleanza, una forte complicità.

E venne quel “famoso” San Valentino 1976, in cui questa famiglia americana non fu più ” Una famiglia americana” non fu più inesorabilmente la stessa.

Qualcosa successe a Marianne, ma nessuno riusciva a dire, nemmeno lei ,cosa fosse successo, Corinne almeno come donna come madre avrebbe dovuto accorgersi di qualcosa che non andava, per lo meno intuirlo,  forse se ne era accorta aveva intuito ma semplicemente non voleva credere….intuitiva perspicace quale era,  soprattutto attenta a tutto quanto succedeva alla famiglia, non aveva capito non da subito per lo meno quanto sarebbe stato invece di fondamentale importanza.

Tutto incominciò una domenica pomeriggio, con quella telefonata.

Corinne se ne stava nel granaio, allestito per lei e per la sua passione per le cose vecchie che trovava in giro per pochi soldi e che si riprometteva, lì in quel suo angolino, di sistemare con tanto amore e fare ritornare in vita,  intenta ed immersa nei suoi pensieri, sola e tranquilla con se stessa ed le sue piccole occupazioni.

Mamma? Scusa, ma qualcuno potrebbe venirmi a prendere?

Non aveva avvertito tensione preoccupazione od isterismo controllato nella voce della figlia !

Corinne era sempre stata orgogliosa di non essere una madre ansiosa, oppressiva e le era fin passato di mente il ballo studentesco cui Marianne aveva partecipato la sera prima, chi l’avesse accompagnata e che la figlia dovesse fermarsi fuori a dormire da un’amica!

Marianne, la dolce Marianne, non giudicava mai nessuno meno che mai la madre come spesso fanno gli adolescenti , non feriva nessuno meno che mai lo avrebbe fatto con un genitore!

Al telefono, addirittura, la sua voce sembrava volere chiedere scusa, chiamava dalla casa dell’amica dove aveva trascorso la notte dopo il ballo, e scusandosi sempre chiese se qualcuno avesse potuto andarla a prendere, lei non voleva disturbare nessuno, Corinne le rispose solo, senza fare domande o mostrare la minima preoccupazione…

            Non c’è problema

non una parola su come fosse andata la festa, su come avesse trascorso la serata!

Più tardi, col tempo, Corinne si renderà conto di quanto quella conversazione non fosse stata una conversazione normale.

Marianne non aveva mentito, aveva solo tenuto nascosto una brutta verità, Marianne non era capace volutamente di mentire! Se si nascondeva sotto qualche sotterfugio era solo per proteggere i fratelli maggiori. Dei ragazzi Marianne era la più spontanea ” cristiana”, nemmeno da piccola aveva mai mentito e poi era così bella!

Oltre che bella Marianne era radiosa, ecco cos’era, una meravigliosa creatura….radiosa!

Corinne naturalmente amava tutti i suoi figli alla stessa maniera, sapeva di poterli amare allo stesso modo in maniera inesauribile perché lei stessa si nutriva dell’immenso infinito amore di Dio.

Quando mamma suonava il campanaccio ( ricordo di quando erano piccoli ) significava una cosa sola, gita, qualcosa di bello da fare insieme non di dover andare a prendere Marianne…questo fu la prima cosa che saltò in mente al giovane Patrick

A Patrick arrivò il suono quando stava passeggiando, solo col suo cane, era forse l’unico della famiglia a cui piacesse stare solo, immerso nei suoi pensieri sulla matematica ed il rapporto con la natura, con l’innocenza della sua giovane età a diciott’anni si riteneva uno scienziato, un biologo.

Fu così che toccò a lui andare a prendere la sorella, la madre era troppo impegnata al restauro di un vecchio mobile.

Lui se ne accorse subito, il sorriso meno convincente, l’espressione evasiva degli occhi, il mutismo, nessuna chiacchiera sulla festa, tutto nella sorella non era da lei, ma da un lato ne era contento, Patrik detestava le feste il rumore e tutti i discorsi su balli e vita mondana.

         Perché non me lo hai detto? Appena sei salita in automobile? Appena ci siamo trovati soli?

Solo in seguito avrebbe pensato a quelle cose, e subito non si meravigliò del fatto che la ragazza, al suo arrivo,  era già  fuori ad attenderlo al freddo.

Non si era nemmeno chiesto perché Austin, il suo accompagnatore non l’avesse riportata a casa, sarebbe dovuto toccare a lui, era una sua responsabilità in fondo….

Perché non me l’hai detto? Qualsiasi cosa.

Come hai potuto lasciare che ti riportassi a casa quel giorno senza sapere quello che stavi provando. Quanto soffrivi.

Com’era rigida, tesa, assente!   forse aveva paura che l’auto sbandasse per la neve….

Quando la macchina aveva leggermente sbandato….

Perché non me lo hai detto in quel momento? perché nemmeno una parola?

E’ stato perché non volevi contaminare anche me?

Adesso cominciava a risentirsi e non poco dall’atteggiamento di Marianne!

Bellissima la descrizione del paesaggio che incontravano sulla via del ritorno !

Finalmente arrivati ecco le prime parole

Grazie, Patrick

Ma parlò a voce troppo bassa, la borsa le scivolò dalle dita, Marianne ad un cenno d’aiuto rispose frettolosamente

Tutto bene, la tengo. Tutto bene

Ma andava veramente tutto bene ? certo che no e da qui inizia la storia, qualcosa era successo, qualcosa da cui non si poteva più tornare indietro, qualcosa che avrebbe cambiato la vita di questa famiglia,  di

UNA FAMIGLIA AMERICANA